Slave - Libera di essere schiava

Missy Brat. Romanzo autobiografico

Copertina

"Slave, nel gergo BDSM è la schiava. Solo per chi non frequenta questo affascinante mondo, preciso che non parliamo di schiave sessuali tipo prostituzione o donne assoggettate a uomini malvagi e dispotici. Il mondo del BDSM è un ambiente dove tutto è consentito purché condiviso e dove nessuno è costretto a fare ciò che non desidera. La nostra Missy, dolce e ribelle insieme, con grande coraggio ci apre il cuore, ci coinvolge nel percorso umano, affettivo ed erotico che l'ha portata a essere ciò che il suo istinto ha sempre urlato: sono una schiava! Questo romanzo è una confessione, ha una parte erotica, ma non predominante, sebbene sarà molto utile sia a comprendere questo mondo, che ad aiutare chi, come lei, è slave nell'anima, ma non ha ancora avuto il coraggio di uscire, di manifestare la propria indole. La complicità nei rapporti umani, e amorosi, è un collante fortissimo e meraviglioso. Adatto a un pubblico adulto e consapevole."

Recensione di Giada Carrot Badari

Giada Carrot Badari | Storie quotidiane e recensioni libri

L’AUTOBIOGRAFIA: SLAVE – LIBERA DI ESSERE SCHIAVA

“Slave – Libera di essere schiava” è l’autobiografia di Missy Brat, edito da Eros Cultura, di 153 pagine.

Questa autobiografia ci porta in due mondi condivisi da pochi, quindi direi pure di nicchia: tra il BDSM e le relazioni aperte.

Missy Brat ci racconta la sua storia: dopo tanti anni di matrimonio, con figli, decide di intraprendere del sesso occasionale con uomini incontrati in chat. Esplora sé stessa, ciò che le piace e ciò che non le va bene, scegliendo le proprie regole, i propri limiti, i propri ritmi, finché non arriva Francesco, per cui lascia le redini del gioco.

Francesco le fa vedere la realtà al di là del portone e decide di portarla in questo viaggio alla riscoperta delle proprie regole, fisiche e no.

Ma col marito, cosa succederà?

“Slave – Libera di essere schiava” è una storia molto più comune di quel che potremmo aspettarci, ma con versioni d’uscita alternative.

Il libro in sé è scritto bene, scorrevole, ammaliante, intrigante, mai volgare (il che era una cosa decisamente complessa, dato l’argomento e i risvolti), ma sono temi molto complessi, quello della poligamia, insieme a quello del BDSM, e secondo il mio personale punto di vista credo che andassero trattati in maniera più approfondita, dato che le capacità sembrano non mancare.

Ho apprezzato tantissimo la delicatezza, l’empatia, che ho intravisto nel raccontare non solo di sé, ma anche degli altri (come la scena del ragazzo, Alan, che aspettava vicino al bancone, in attesa che qualcuno lo calpestasse, senza che questo fosse mai motivo di derisione).

L’AUTRICE/I PERSONAGGI

La biografia dell’autrice non ci è data sapere e noi non giudichiamo personaggi che esistono realmente: ognuno è a sé e ci si distingue per questo.  

Ma se volete proprio sapere il personaggio che ho amato di più ne “Slave – Libera di essere schiava“, beh, credo il marito, perché ama in maniera libera, senza limitazioni, senza la società che occlude, senza le regole non scritte. Ama e basta e questo è molto più di qualsiasi gelosia. 

SLAVE – LIBERA DI ESSERE SCHIAVA: LA MIA OPINIONE

BDSM sta per Bondage, Disciplina, Dominazione, Sottomissione, Sadismo e Masochismo, ma esattamente, di cosa si tratta?

Si tratta di una serie di pratiche, tra cui anche l’arte dello Shibari (l’arte del legare con le corde), in cui ci si lascia andare all’impulsività del nostro essere, ma sempre nel rispetto, nel consenso, nella cura di chi si ha di fronte e questa è una cosa alla quale tengo molto, perché tra persone kinky c’è un legame visibile e quasi tangibile, in cui ognuno si prende cura dell’altro.

“Slave – Libera di essere schiava” ci mostra com’è appartenere a qualcuno e com’è cercare di farlo nel rispetto della vita altrui, perché per quanto sia giusto pensare al proprio benessere, talvolta non siamo soli, a doverlo fare, e qua scatta un argomento molto spinoso, ma al tempo stesso molto importante: la relazione aperta.

La relazione aperta dona la possibilità di lasciare una vita sessualmente libera e, di conseguenza, un amore ossigenato, ma per far sì che questo avvenga bisogna (lo so, ora dirò qualcosa di davvero banale) dialogare.

A causa della società alquanto bigotta e ottusa, il dialogo potrebbe non bastare, nel senso che potrebbe trattarsi di un periodo più lungo, fatto mano per mano da uno psicologo, ma questo non vuol dire che non possa essere fattibile.

Ho conosciuto tante persone in una relazione aperta o poligame (che non sono la stessa cosa, perché essere poligami vuol dire amare più persone), ci ho dialogato per diverso tempo e quello che ho imparato è che sostanzialmente noi tutti viviamo già relazioni poligame, per quanto vi piaccia o no, perché amiamo tantissime persone nel corso della nostra vita, e tutte in modo diverso, sempre variegato, sempre bellissimo, sempre unico, e non parlo solo degli amori, ma anche degli amanti, delle amicizie, della famiglia.

Ecco, un po’ “Slave – Libera di essere schiava” ci fa assaggiare questo, ce lo lascia scritto come promemoria, così che ricordiamo di viverci, senza dimenticarci mai che ogni storia è diversa: ad esempio, io il BDSM non lo collego al sesso, non sempre quantomeno, non necessariamente, e non lo collego a un fattore sentimentale, ma sicuramente intimo e amorevole (ci si deve prendere cura dell’altro), mentre la protagonista lo collega ad entrambi.

Le nostre storie sono tutte diverse tra loro, come le tonalità dell’autunno.

CONCLUSIONE

Datevi la possibilità di essere voi stessi, di conoscervi maggiormente, di avere più consapevolezza, senza mai cadere nell’ovvietà citata dalla società. Comprando “Slave – Libera di essere schiava” questa possibilità è concreta e potrebbe introdurvi a qualcosa di cui sapevate già di appartenere


(il blog:  Giada Carrot Badari | Storie quotidiane e recensioni libri)

Recensione di J.F. Wood

J.F. Wood - Scrittore

Slave – libera di essere schiava, Ed. Eroscultura, di Missy Brat 

La prima curiosità che si scopre, già dalle prime pagine, è che nonostante sia recensito nella quarta di copertina come un “romanzo di confessione”, autobiografico, una sorta di diario personale, sorprendentemente a pagina sei appare la frase: “Questo libro è un’opera di narrativa frutto della fantasia dell’autore. Qualsiasi analogia con persone realmente esistite (?), vive o defunte, con eventi o ambienti reali, è da considerarsi puramente casuale” al contempo, nella “biografia” a pagina 155 si legge: “Vuoi sapere chi sono? Sono quella che c’è nel libro, niente più e niente di meno”. Quindi in realtà, a parte le dichiarazioni dell’autrice sui social, non si è certi che sia tutto reale e autobiografico.

Senza tener conto di alcune imprecisioni grammaticali e sintattiche la trama ricorda, come stile e contenuto, uno dei tanti racconti Harmony degli anni Novanta, imbevuto di metafore e figure retoriche in maniera paradossale. Il racconto si dipana tra lo sconforto di un rapporto coniugale fallimentare e le insicurezze di una donna cresciuta trovando poche difficoltà nella vita. L’aumentare dell’insoddisfazione la porta a conoscere, attraverso un’app di incontri extraconiugali, con un personaggio di cui si innamora. Anch’egli è coniugato, infatti gli incontri sono occasionali e segreti. Questo incontro, come ogni altro rapporto sentimentale,  suscita emozione, è carico di adrenalina, anche dovuta alla segretezza del rapporto, è un momento che porta a esplosioni di estrema passione e a esplorare nuovi terreni e nuove vie. Percorsi che la “Signorinella Monella” prepara con cura, regalando al nuovo amore la possibilità di interpretare un ruolo, tanto da nominarlo “Padrone” prima ancora che lui si palesasse come tale. Non c’è una vera dinamica di coppia D/s, perché di fatto i due non formano una coppia se non in maniera occasionale, e sebbene il marito della protagonista sia al corrente del rapporto extraconiugale e sia consenziente (cosa ammirevole, seppur rara), ciò non basta affinché il Lui sia svincolato da una instabile doppia vita e possa garantire alla Lei un rapporto esclusivo e duraturo.

 

L’autrice si informa su Facebook, attraverso blog, amicizie nell’ambiente, ma nulla a che vedere con il racconto di chi vive o ha vissuto un vero percorso di sottomissione volto all’ unicità e alla devota appartenenza. Un percorso fatto di piccole tappe, così come potrebbe essere una nuova relazione sentimentale, con incentivi e scommesse tra obiettivi raggiunti e prove fallite. La sensazione, per il lettore, è un po’ come leggere di chi scrive della guerra ma non ha mai veramente combattuto. Insomma più una “corsa” al traguardo che la vera descrizione di una maratona.

Ciò che lascia ancora più perplessi, in un libro che tratta argomenti inerenti il BDSM, è la sua definizione a pagina 51: “B.D.S.M. acronimo di Bondage Disciplina Dominazione Sottomissione Sado Masochismo”. Ecco, questo è quello che si trova su Wikipedia, o in qualche articolo per pubblicazioni “al femminile” forse, ma l’acronimo ha solo quattro lettere (che corrispondono solo a quattro parole). La realtà è molto più semplice, gli americani fanno prima a sotto intendere che a scrivere. B come Bondage e qualsiasi altra costrizione volta al piacere sensoriale. D come Domination e ovviamente ci sarà anche un sottomesso nei paraggi altrimenti non c’è alcun rapporto. S come Sadism e M come Masochism così da riempire per gradi una grande fetta di estimatori delle percezioni fisiche, date e ricevute. La parola Disciplina è stata aggiunta a letture posteriori, per indicare il mezzo principe atto alla struttura del rapporto DS (altra lettura delle stesse lettere centrali). Vero però che negli ultimi trent’anni questo acronimo (tradotto in moltissime lingue) ha avuto connotazioni e interpretazioni diverse. A tal proposito nel bel libro Different Loving di William e Gloria Blame e Jon Jacobs del 1996, si legge: «La guerra sulle parole è costantemente combattuta e raramente vinta. Il dilemma linguistico non ha una soluzione facile e i gruppi di supporto e i collettivi privati dibattono continuamente la terminologia DS e i suoi significati pratici.». Nel libro compaiono tutti e tre gli acronimi (DS, BD e SM) e il SSC senza pur tuttavia menzionare mai la parola BDSM.  Come si legge sul sito Legami  “In Italia abbiamo una situazione paragonabile a quella che negli USA c'era negli anni '70. Sta a noi colmare questo salto di circa trent’anni, in modo che la parola BDSM smetta di essere un freddo e vuoto acronimo e assuma la reale valenza sottintesa alla sua stessa creazione”. (www.legami.org)

 

La tecnica di scrittura è confusionaria e poco fluida, incerta e traballante. Talvolta grammaticalmente scorretta o influenzata da ripetizioni a capo periodo come nelle strofe delle canzoni popolari e un uso smodato dell’anafora (solo Vasco Rossi può!). Come dichiarato dalla stessa autrice il contenuto deriva dalle pagine di un blog convertito, a mio avviso senza alcuna capacità letteraria, in un romanzo che alterna il racconto dell’autrice a una lunga trascrizione di messaggi, come se questi perdessero il loro valore se fossero, almeno in parte, riassunti o descritti nella storia.

Il tema e la storia avrebbero potuto essere molto più coinvolgenti. La sensazione del lettore non è l’immedesimazione nel personaggio o di un percorso ma una scansione sistematica di pratiche che non determineranno, alla fine, la scoperta del proprio “ruolo” come in fondo promette il titolo dello scritto, ma solo un’esperienza fine a se stessa che porterà la protagonista a voler “provare” ruoli di tipo diametralmente opposti (cit. “scelgo quindi di provare a battere la strada da switch”). Ricorda un po’ la storia della fotografa, tanto appassionata, che in realtà voleva fare la modella. L’autrice infatti è tanto veloce nell’apprendere dinamiche e contesto da voler addirittura occuparsi della formazione di un povero neofita: “decido di seguirlo in questo percorso, voglio diventare per lui una brava Mistress e seguire quel ramo inesplorato della mia esistenza che adesso sta sempre più prendendo vita” (cit.), un po’ come aggiungere un’altra stellina nell’espositore dei “personaggi” BDSM conquistati.

La parte romanzata è senza dubbio scritta con trasporto emozionale, senza troppe finezze linguistiche, ma aiuta, in concomitanza con altri romanzi simili, a sdoganare ulteriormente alcune parole considerate ancora tabù o con una accezione negativa. Il lato positivo è la determinazione che termini come Padrone, punizione, dolore, umiliazione, perdono, sottomissione, schiava hanno letture diverse se estrapolate dal comune pensiero e inserite in un contesto erotico sicuro.

L’impaginazione è un po’ trascurata e, nonostante il manoscritto abbia cadenza a capitoli numerati, non è presente nemmeno un indice a fondo libro. All’interno dello scritto sono inserite alcune foto in cui la protagonista è legata professionalmente in stile shibari, molto interessanti da un punto di vista artistico ma che non hanno alcun riferimento al testo allegato e quindi di pura “immagine”, credo non potesse essere altrimenti da chi, nei ringraziamenti, ringrazia se stessa.

 

Buona lettura.




Recensione del Libro